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VALLO DELLA LUCANIA: RIAPRE IL SANTUARIO, I FEDELI SCALANO IL GELBISON

Articolo tratto da: "Il Mattino"

Guidati da Don Carmine Troccoli, pellegrini provenienti da tutto il sud si sono arrampicati per 1705 metri

«Sono venuti da Maratea, Scalea e Praia a Mare, oltre che dal Cilento e dal Vallo di Diano, ma i pellegrini di Salerno, quest'anno, sono veramente tanti». Don Carmine Troccoli, custode e rettore del santuario della Madonna sul monte Gelbison, racconta, con procedere rapido ma cordiale, mentre accoglie l'ultimo gruppetto di fedeli appena arrivati, che il tempo incerto non ha intimorito i pellegrini, nonostante la scalata di 1705 metri. La riapertura del santuario non lontano da Novi Velia, è sempre un momento emozionante; il pienone ha costretto il sacerdote a celebrare, sin dalla prima messa del mattino, all'aperto, sul sagrato della chiesa. «È vero, numerosi partecipanti, provenienti dalla Calabria, da tutto il salernitano e dalla Lucania ci hanno invaso, e penso che l'appuntamento, nell'anno Paolino, sia segno delle profonde radici della fede del nostro territorio».
Un'area ben determinata, a cavallo tra tre province di tre regioni diverse, quelle evangelizzate dai monaci italo-greci dopo il Mille, che mantiene un'invariata attrazione alla "montagna sacra" testimoniando, anche in questo, una identità simile. «Mi sono svegliato alle tre di notte - racconta Giovanni, un giovane di Lauria- è come un richiamo che portavo nel cuore grazie ai racconti di mio nonno, di mio padre. Adesso anch'io mi sento legato a questa esperienza unica». Alla cima del monte, tra panorami spettacolari e un verde intenso, fede, storia e tradizione si fondono in un clima che unisce passato e presente in un tutt'uno, racconta il rettore che è anche archivista diocesano e direttore della rivista del santuario "Montesacro".
Nel primo tratto del sentiero si attraversa un bosco di abeti. Poi, continuando a salire, la densità delle conifere diminuisce lasciando spazio ad ontani e corbezzoli. A circa mille metri di altitudine, comincia la faggeta. A questo punto il sentiero si immette sulla strada asfaltata che conduce al santuario terminando in uno slargo: la Croce di Rofrano. Qui la tradizione vuole che si porti un masso, un peso, simbolo del peccato, e lo si deponga sull'ammasso di pietre, assieme agli altri. Fatta la salita della Via Crucis, si arriva alla chiesetta. I canti e le armonie delle compagnie, sono il sottofondo che accompagna il pellegrino da Maria.
«Quest'anno al centro della riflessione c'è stato San Paolo, nel bimillenario della sua nascita e possiamo dire con papa Benedetto: «Paolo non è per noi una figura del passato, che ricordiamo con venerazione. È anche il nostro maestro e apostolo». Su di una terrazza naturale, i fedeli con le "cente", costruzioni a forma di barca contenente candele, guidate dagli stendardi delle diverse "compagnie", si godono uno spettacolo naturale unico. «Il santuario rimarrà aperto tutta l'estate - racconta don Carmine - per ospitare chi vuole riconciliarsi con Dio e rubare alla quotidianità uno spazio per la preghiera, seguendo l'esempio di Paolo di Tarso».
Tutto questo è facilitato dallo spettacolo della natura che abbraccia le due chiese (di san Bartolomeo e della Madonna) e la grande croce metallica che, sino alla chiusura del santuario, nella seconda domenica di ottobre, brillerà sul monte.

Nicola Nicoletti

News pubblicata il 07-06-2009, letta 413 volte
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